La mia Musa è una tenia sottopelle preme, uncina e mi costringe a recitare nudo quando morde la coscienza, mi maledico sai perché è tardi e mi trovo a disossare al buio, non tocco ciò che scrivo non è mio a volte mi fa schifo, a volte mi sorprende tanto aspro o tanto dolce dove arrivo, certo, il verso va smussato per calmarmi pazientemente aro e il suo aspetto è tondo solo quando lascia sulle mani l’odore di cucina non mi serve luce ardente di tramonto non è rugiada sfavillante di pineta, io nasco come pomodoro estivo familiare e finisco nella parte del raccolto perso spaccato dal caldo sotto al muro del giardino
Author Notes
La poesia io credo è primariamente una necessità. Non è possibile scegliere quando avere un’ispirazione e generalmente appagare questo bisogno è faticoso, anche snervante a volte.
Per modellare le idee serve, in una seconda fase, la pazienza guidata dalla tecnica. Possiamo paragonare questa pratica di raffinazione al lavoro manuale dell’artigiano o del cuoco che “trasforma gli ingredienti”.
La bellezza di un’opera però è legata soprattutto al suo seme iniziale mentre la decorazione è di poca importanza.
I concetti più potenti infatti possono essere espressi con parole semplici ma è il significato intrinseco che non deve essere scartato.