Corteccia, placenta, placca d’argilla, li riunii sottili sotto un guscio di uova e mi strinsi sotto quel feltro un manto che tra pieghe m’avvolse in un sonno di ere mi nascosi ai tuoi occhi, bambino fu un perfido gioco scordarsi di te vi vidi sbiadire, confesso inerme, lo giuro anime s’infransero ritmiche fino al piattume e aspettai ancora, fino all’esordio di confini proibiti del tempo dell’uomo di fine di forme di mondo Seguì il mio risveglio Io, ultimo rimasi in quel cielo Re di me stesso e qualche astro freddo liberarmi di voi fu il piacere, confesso più grande.
Author Notes
Ognuno di noi (credo) ha sentito almeno una volta il bisogno di sentirsi amato, di verificare egoisticamente parlando quanto è benvoluto dagli altri.
Da bambini siamo maestri in questo gioco: nascondendoci da nostra madre possiamo suscitare la disperazione dei nostri genitori.
Quando da adulti ci accorgiamo tuttavia che degli altri non abbiamo più bisogno allora ci sentiamo indipendenti e un altro desiderio ci accoglie: sperimentare la solitudine come strumento di pace.
Questa meditazione è un viaggio che può spingerci come gli eremiti ai confini del deserto.