Potrei chiamare casa i piatti sozzi e il grano che vi abita vicino Fai piano. una creatura malferma che si sbilancia sulla sua prima vertebra sta muovendo i primi passi binomio di fantasie imperfette prendono forza dal chiaro che riflette a notte quieta sui suoi fratelli: Adagio. giganti partoriti or sono anche lì su un foglio o ancor prima, nacquero squadrati suggerendo un giorno all’orecchio di padre che sarebbero sbocciati in calce e nel cemento sotto questo chiaro che rivendico mio perché allo stesso modo mi si innesta quel grano sepolto tra le pile di piatti Prego perché le mie creature rimangano così diverse ed estranee alle profezie d’intenti che amico mio tu sogni come carta pesta Prego perché bagnate non tornino a galla come molli frammenti, ispirazioni deboli che seducono chi non ha la fantasia d’autore un rigurgito stinto per tutte le infestanti costrette a crescere accalcate sui bordi consumati di marciapiede
Author Notes
Questa poesia parla del processo di creazione artistica.
Ogni prodotto intellettuale compie il suo primo passo nella testa del suo autore: una fantasia nata in cucina suscitata da una pila di piatti sporchi, i palazzi del quartiere progettati dal grande architetto Moretti, le poesie ed i nostri racconti sono una nostra diretta emanazione.
La perdita della creatività ci rende spettatori passivi, individui senza nulla da dire che non possono che rifugiarsi in desideri anonimi e sterili.